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Uno sguardo bambino: cosa è importante per noi?

Condivido un nuovo spunto letterario per grandi e piccoli (in questo caso preferibilmente accompagnati dai grandi per la portata del tema) che ho scoperto di recente e che ha toccato nuovamente le corde dell’emozione. Questa volta si tratta di un albo davvero molto particolare:

“Due ali”

(C. Bellemo, M. Di Giorgio – Ed. Topipittori)

Copertina: Il protagonista, il sig. Guglielmo, sta uscendo dalla porta di casa in una mattina di sole, con il suo annaffiatoio rosso, pronto a vivere una nuova giornata!

Protagonista un simpatico nonno (finalmente compaiono nelle nostre letture anche queste figure “mitiche”, così essenziali al giorno d’oggi per l’organizzazione di tante famiglie): è il Sig. Guglielmo, la cui vita e quotidianità vengono sconvolte da una scoperta alquanto singolare. Sotto al pesco del suo giardino, una mattina, sono spuntate DUE ALI! Si mescolano dentro di lui incredulità, curiosità, domande sull’origine di quel germe del tutto inaspettato. La sua affannosa ricerca di eventuali proprietari, in giro per la città, è del tutto vana, anzi, rischia di essere considerato un po’ fuori di testa per l’assurdità delle sua indagini:

“Qualcuno ha lasciato delle ali nel mio giardino?!”

Pagina dell'albo: il Sig. Guglielmo osserva perplesso il paio d'ali sotto al suo pesco, con aria interrogativa.

Ne è quasi intimorito, tanto che non si avvicina subito ma le scopre poco a poco, osservandole prima da lontano, poi prendendosene cura con rispetto e attenzione, come fossero una pianta rara e preziosa. Fino a quando, ripescando nelle memorie della sua gioventù, nei ricordi della sua vita in quella casa, accade un piccolo miracolo. Il Sig. Guglielmo rivede se stesso bambino, con la magia, la fantasia e la fiducia nella vita che possedeva allora, con i sogni, le speranze, le emozioni vivide e limpide che i bambini sanno esprimere… Rivede se stesso una notte, di nascosto, sotterrare proprio sotto all’allora piccolo pesco del giardino una scatola con la

“FORMULA MAGICA PER FAR SPUNTARE LE ALI NEI GIARDINI”!

Pagina dell'albo: il piccolo Guglielmo bambino esce furtivo di casa, una notte di tanti anni prima, con in mano la sua scatola del tesoro da sotterrare vicino al giovane pesco.

Cosa conteneva quella scatola? Piccoli oggetti di vita quotidiana di un bambino, semplici ma essenziali, intrisi di affetti, di ricordi di momenti importanti, di relazioni… un fazzoletto, una foto, un guanto condiviso, una monetina “d’oro”…

Da queste RADICI identitarie, quelle che si costruiscono fin da piccoli, quelle grazie alle quali diventiamo giorno dopo giorno noi stessi, sono “nate” le ALI del Sig. Guglielmo. Le aveva dimenticate, un po’ come accade a molti di noi, ormai adulti. Quando mettiamo da parte quel bambino che siamo stati, rischiamo di dimenticare cosa è importante per noi; restiamo ben ancorati alla Terra considerando i sogni, i desideri e i sentimenti delle cose di poco conto o irrealizzabili. Ma è anche grazie alle proprie Ali, diverse per ciascuno, che possiamo riscoprire la leggerezza e il piacere nella vita, i talenti e le passioni che ci contraddistinguono, il senso che vogliamo dare alla nostra esistenza. Il Sig. Guglielmo, forse anche grazie alla saggezza dei suoi anni, è riuscito a sintonizzarsi con tutto ciò. E, in un finale toccante che lascia aperte moltissime interpretazioni, ha il coraggio di indossare le sue Ali e spiccare il volo, con la consapevolezza della sua vita e una serenità che lo rendono FELICE.

Pagina dell'albo: Visione dall'alto di un panorama cittadino pacifico e dai colori tenui, sopra cui il Sig. Guglielmo si libra in volo.

Una poesia in prosa, questo albo può aiutare a riflettere sul tema del senso della vita e della morte, sulla propria identità, sull’importanza dei ricordi per raccontare chi siamo e chi vogliamo diventare. E’ un libro “trans-generazionale”, che pur avendo un solo protagonista, parla di e con tutte le generazioni. Mette in connessione le tante età di una persona che spesso tendiamo a considerare separate, spezzettate e che siamo invitati a integrare per ri-conoscersi sempre e ricordarci chi siamo, partendo da chi siamo stati.


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Sull’idea di CAMBIAMENTO…

Una delle consuetudini che spesso coincidono con le feste natalizie appena trascorse, in particolare con il Capodanno, è quella della lista dei buoni propositi. Lista stilata, per l’appunto, con tutti i buoni propositi di portarla a compimento, ma che si infrange nell’incontro con la ripresa delle attività quotidiane. Se capita, rischiamo di sentirci frustrati, di arrabbiarci con noi stessi o con gli altri, con la routine che non ci permette di realizzare ciò che tanto vorremmo. Nella migliore delle ipotesi, rientriamo rapidamente “nei ranghi” e cerchiamo di sfogarci come possiamo…

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Se quanto appena descritto in tono leggero è una situazione ricorrente che ci suscita non poco malessere, forse merita la nostra attenzione. Mi capita, lavorando con i miei pazienti, di condividere l’idea personale che ognuno ha del CAMBIAMENTO. E’ frequente l’associazione con qualcosa di repentino, quasi rivoluzionario; il desiderio di essere/agire all’opposto di quanto fatto finora; un mutamento di stile di vita, di condizione lavorativa, di luoghi, di relazioni… nel quale si intravede la possibilità di dare una svolta positiva alla propria esistenza. Certe volte si vorrebbe tanto poter cambiare l’altro (il proprio capo, il partner, i genitori); altre volte vorremmo avere la bacchetta magica per cambiare noi stessi in qualche dettaglio o in maniera generale.

Ecco, forse quella bacchetta magica corrisponde ai famosi “buoni propositi” di fine anno: una formula con la quale cerchiamo di fare ordine nei nostri desideri, di stabilire delle priorità, delle tempistiche, delle aspettative di risultato… Tutto questo, a volte, senza aver immaginato i passi che, uno alla volta, dovremmo compiere per inseguire l’obiettivo; senza aver messo in conto l’impegno, la fatica, i CAMBIAMENTI che ciò può richiederci; senza esserci sufficientemente domandati:

“Quanto è importante per me? Per quale motivo?”.

E’ possibile che, per quanto desiderato nella teoria, mettere in pratica un cambiamento di qualsiasi natura faccia molta paura: richiede di essere disposti ad abbandonare anche solo delle piccole, rassicuranti (o fastidiose ma pur sempre conosciute) abitudini, per andare incontro al nuovo e a ciò che comporterà.

Di fronte a tutto ciò, a volte l’alternativa sembra essere il naufragio, la staticità del “le cose alla fine stanno così, io sono così e non posso cambiare”!

Vignetta dei Peanuts di Charles M. Schulz: "Hanno detto che questo libro avrebbe cambiato la mia vita. E' da mesi sul comodino ed è ancora tutto uguale!" 

E se provassimo a partire proprio dalla riflessione sui nostri buoni propositi e la loro formulazione? Se, pur tenendo a mente l’aspirazione verso un traguardo finale, provassimo prima a ragionare sull’idea di cambiamento che abbiamo?

  • Potremmo valutare che ciò che desideriamo realizzare può essere raggiunto in un arco di tempo diverso da quanto immaginato e con delle tappe intermedie;
  • Scoprire che forse, in realtà, siamo affezionati a quell’aspetto di noi che tanto giudichiamo ma che ci rende unici… e magari ci è pure utile per qualcosa!
  • Potremmo riflettere su quali sono le aspettative che ci guidano: da dove parto e verso cosa tendo?
  • Potremmo approfondirne le motivazioni e capire che forse alcune cose vogliamo cambiarle per accontentare gli altri, e questa consapevolezza può essere importante per non perdere di vista se stessi… E così via! 

Lao Tzu, l’antichissimo filosofo fondatore del Taoismo, sosteneva che

“Ogni lungo viaggio inizia con un primo passo”

In quel primo piccolo passo si nasconde la “perdita di equilibrio” necessaria per avanzare. E magari ci capiterà di sorprenderci di come gli apparentemente piccoli mutamenti quotidiani possono portarci verso qualcosa di grande, con gradualità, cambiando rotta se necessario, adeguandosi al vento… nella curiosa esplorazione di noi stessi.

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Vignetta di M. Cavezzali: "Sono una piccola cosa della vita... Interessa un abbonamento al nostro giornalino PICCOLE COSE DELLA VITA NEWS?"

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Quando il teatro incontra la psicologia…

Tra i molti libri di testo studiati e consultati durante gli anni universitari e nella formazione a seguire, ce ne sono alcuni che hanno segnato con maggior vigore il mio percorso professionale e personale. In uno di questi, un famoso manuale di conduzione del colloquio clinico, l’autore descrive con immediatezza e semplicità ciò che può accadere quando incontriamo, come psicologi, i nostri clienti, le persone che scelgono di intraprendere un percorso terapeutico. Avviene un vero e proprio scambio di storie, di esperienze di vita variegate, nelle quali a volte può capitare di riconoscersi, altre volte di sentirle completamente diverse dalle nostre. Con questi ed altri vissuti delicati e complessi deve fare saggiamente i conti il professionista, adeguatamente formato per comprendere come muoversi sui terreni del paziente in maniera utile per lui o lei.

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Illustrazione di Duy Huynh

L’autore del manuale, a questo punto, chiama in causa una bellissima metafora per semplificare questo processo: è come se ogni persona che incontriamo nello studio fosse un’opera d’arte. Un quadro, una musica, un romanzo, una scultura, una poesia… Una forma creativa che racconta qualcosa di sé, che ci tocca in maniera soggettiva e suscita emozioni, pensieri, riflessioni differenti. Così come un artista cerca di racchiudere nella sua opera uno spaccato simbolico della sua esperienza di vita, ogni persona ci porta un pezzettino significativo del suo mondo. Anche se dovesse risultare molto distante da ciò che abbiamo sperimentato fino a quel momento, questa differenza non allontana, non impedisce di provare a comprendere il punto di vista dell’altro, così come ce lo presenta e come noi siamo disposti ad accoglierlo. L’incontro terapeutico -conclude l’autore- tanto quanto l’espressione artistica, permette di entrare in contatto con esperienze altrui che magari non avremmo mai conosciuto nella nostra vita, poiché non è umanamente possibile sperimentare tutto! Soprattutto, anche vivendo esperienze apparentemente simili, il significato personale che attribuiamo può essere molto diverso!

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Illustrazione di Andrea Agostini, “Il teatro sul mare”

Questa visione che ho sempre serbato nel cuore si è fatta ancor più vivida negli ultimi mesi, in concomitanza con la costruzione, assieme alla collega Elisa Gabbi, di un nuovo progetto:  CONVERSAZIONI TEATRALI.

La passione per l’arte e in particolare per il teatro, il desiderio di renderlo un possibile strumento di incontro e di confronto fra le persone, la voglia di ideare una proposta creativa, originale, divertente, l’opportunità di scambiarci esperienze e crescere insieme sono alcuni dei presupposti che ci hanno guidato nell’ideazione dell’iniziativa. Vorremmo proporre un ciclo di serate sociali e culturali in cui il pubblico possa assistere ad una rappresentazione teatrale di qualità, con attori professionisti e testi di spessore; e a seguire, un momento di conversazione da noi condotto, che coinvolga i partecipanti prendendo spunto dai temi legati allo spettacolo. Un’occasione in cui poter condividere le proprie impressioni, riflessioni, emozioni in un clima libero e sereno, magari scoprendo qualcosa di nuovo, magari portandosi a casa degli spunti in più!

Il teatro incontra così una volta di più la psicologia,

ne diventa massimo rappresentante e tramite

per favorire l’incontro con i mondi dentro e fuori noi stessi.

Per poter realizzare il nostro sogno raggiungendo gli obiettivi previsti dal progetto e partire nei tempi previsti, a inizio del nuovo anno, dobbiamo coprire alcune spese organizzative (costi della sala, degli attori, della strumentazione…).

Perciò abbiamo pensato di percorrere sempre in maniera creativa molte strade diverse, fra cui quella del CROWDFUNDING: una campagna pubblica di raccolta fondi a sostegno dell’iniziativa. Rivolta a tutti coloro che, come noi, credono nell’arte come canale comunicativo privilegiato e nella possibilità di realizzare eventi di valore culturale e sociale.

Per saperne di più sull’iniziativa, per diffonderla e aiutarci nel passaparola, per effettuare con pochi click una piccola donazione a sostegno del progetto, basta visitare la pagina dedicata di

Produzioni Dal BassoCONVERSAZIONI TEATRALI.

Il palcoscenico non è solo un mondo a parte,

è una miriade di mondi,

ed è in quei mondi che un uomo può avere

tutto quello che immagina,

se solo lui crede in ciò che vede

-Kathe Koja-

ALFABETO DELLE EMOZIONI

A come Amore… e poi?

Amicizia, Affetto, Avversione, Alterazione, Agitazione…

E di Euforia e di Entusiasmo.

F di Felicità, Frustrazione, Furia…

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Non si tratta di un mero esercizio di conoscenza del vocabolario italiano! Se pensiamo all’esclamazione “Che emozione!”, che ci sarà capitato di dire in occasioni particolari delle nostre vite, quante sfumature del tutto personali possiamo distinguere al suo interno? E’ come se EMOZIONE fosse un grosso contenitore di esperienze variegate, connotate da noi stessi positivamente e negativamente… e cos’altro? Sappiamo distinguere fra loro gli stati d’animo che proviamo? Non è così scontato.

Immaginiamo di trovarci davanti ad uno scrigno pieno di pietre preziose: probabilmente alcune (le più famose per tutti) siamo in grado di riconoscerle, spiccano fra le altre per colore, brillantezza, forma, dimensioni. Così possiamo separare facilmente un rubino da uno smeraldo, un diamante da un lapislazzulo… Ma che dire delle pietre “meno conosciute”? Sono pur sempre preziose ed importanti, ma probabilmente facciamo più fatica a caratterizzarle, si perdono nel mucchio con le particolarità che le rendono uniche e specifiche.

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Possiamo provare a spostare la metafora sulle nostre emozioni: può essere che quelle di cui abbiamo fatto più esperienza nella nostra vita, quelle che consideriamo più piacevoli, più “utili”… oppure le così dette “emozioni primarie”, ci siano maggiormente familiari: gioia, rabbia, tristezza, paura, disgusto… Innumerevoli studi le annoverano come “emozioni innate ed universali”, l’A B C dei nostri stati d’animo. Nel panorama ricco dei nostri sentimenti, alcuni quindi sembrano spiccare nettamente come i rubini e gli smeraldi di prima.

rich_insideout_footer_33eb9119Non sempre però è così immediato riconoscere e descrivere come ci sentiamo. Può capitare che convivano dentro di noi, contemporaneamente, più stati d’animo, anche apparentemente contraddittori; così come, in circostanze particolari, possiamo sentirci confusi e incapaci di esprimere chiaramente a noi stessi e agli altri le nostre emozioni. Una sorta di nebbia in cui fatichiamo ad orientarci. Qui compaiono le sfumature… l’alfabeto con cui ci stavamo esercitando all’inizio! E allora la Rabbia può distinguersi dal Rancore, la Paura si può affiancare al Pudore, il Disgusto può prendere a braccetto il Dissenso…

A cosa ci serve saperci muovere con dimestichezza dentro noi stessi?

Sicuramente a dissipare un po’ quel senso di vaghezza, di indeterminazione, di confusione che a volte ci disorienta. Come dire: se in mezzo alla nebbia abbiamo a disposizione una mappa del territorio, possiamo capire meglio dove ci troviamo; e se oltre alla mappa ci dotiamo di una bussola, possiamo scegliere la direzione da prendere con maggior decisione. Ascoltandoci e soffermandoci su ciò che ci accade, interrogandoci sul senso che noi vi attribuiamo, costruiamo il nostro “senso dell’orientamento emotivo”. Possiamo accorgerci meglio di cos’è che ci suscita una determinata emozione, del perché proprio in quel momento o sempre con quella persona, di come reagiamo, di cosa non facciamo…

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Un passaggio ulteriore può essere un mutamento di prospettiva rispetto a cosa pensiamo delle emozioni. Ad esempio: ci sarà capitato di vivere situazioni in cui ci accorgiamo che quasi in automatico scatta in noi una reazione ad un certo evento. Può sembrare quindi che l’emozione sia di per sé un dato di fatto immutabile, che arriva causata dall’esterno e su cui abbiamo poco potere. Ma se ci soffermiamo sui dettagli personali e sulle sfumature emotive di cui prima, possiamo scoprire che la rabbia che provo io è un sentimento magari simile o magari molto diverso dalla rabbia che prova un mio caro. Il nome è lo stesso, cambia il significato, il modo di manifestarla, il giudizio che ne abbiamo. Così l’emozione non è più molto oggettiva: in qualche modo dipende da me e dalla mia storia personale. Ed io, conoscendo la Mia Rabbia, posso non sentirmi più succube della stessa, ma decidere come utilizzarla.

Questa consapevolezza ci sostiene anche nel vivere le nostre relazioni quotidiane, che possono cambiare a loro volta. Le emozioni infatti rappresentano un modo di interpretare noi stessi e gli altri che ci guida nell’agire di tutti i giorni. Siamo costantemente immersi nel processo emotivo: più che uno stato potremmo immaginarlo come un flusso in continuo mutamento, che coinvolge allo stesso tempo pensieri, azioni, progettazione, ricordi. Come ci sentiamo si connette a come ci comportiamo e viceversa. Lo stesso vale per chi ci circonda. Grazie all’incontro/scontro di questi mondi, i nostri rapporti personali si tingono di sfumature emotive diverse: con il partner, i figli, i genitori, i colleghi, il commesso al supermercato…

Le nostre relazioni che colori hanno?

Si apre poi un altro aspetto importante: come giudichiamo le nostre emozioni. Ci sono quelle buone e quelle cattive? Quelle da scacciare e quelle da preferire? Cosa ce le fa categorizzare in un modo o nell’altro? Cosa implica soffocarne alcune, dissimularne altre, esteriorizzare con enfasi quelle magari socialmente più accettate? C’è differenza fra il mondo emotivo di un uomo e di una donna, di un bambino?…

…Quante domande, accennando appena ad un argomento per certi versi davvero inflazionato, ma ancora così estremamente complesso e affascinante! Credo valga la pena continuare ad interrogarsi sul significato che diamo alla nostra esperienza emotiva: non per trovare “etichette uguali per tutti” che descrivano la media dell’uomo comune, ma per provare ad esplorare il proprio universo emotivo e scoprire di quali sfumature personali è fatto, per poter affrontare le situazioni quotidiane muniti di mappe e bussole utili prima di tutto a noi!


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Raccontare la disabilità e non solo…

Può capitare davvero a tutti che qualche problema ci “caschi improvvisamente sulla testa”! E’ quello che è accaduto ad Antonino, il piccolo protagonista di questa storia curiosa:

“Il pentolino di Antonino”

(I. Carrier – Kite Edizioni)

Copertina: Antonino, un piccolo ippopotamo, trascina dietro di sé il suo pentolino rosso.

Lui trascina sempre con sé il suo pentolino, oggetto insolito, simbolo sia delle difficoltà quotidiane che non lo abbandonano mai, sia delle caratteristiche personali, che rendono Antonino unico e diverso da tutti gli altri. Solo lui ha QUEL particolare pentolino: non è semplice da gestire, lo impaccia nei movimenti e negli spostamenti, si frappone a volte nel rapporto con gli altri che lo guardano con imbarazzo o con paura o infastiditi o semplicemente curiosi… Quel pentolino può rendersi così evidente da oscurare tutto il resto.

Pagina dell'albo: Antonino e il suo pentolino passano in mezzo a una mamma e un bambino, incuriositi... "Ma spesso la gente vede soltanto il pentolino che lui trascina dappertutto. Lo trova strano..."

Antonino però non è solo questo: è affettuoso, sensibile, divertente, ha tante passioni, ha molte qualità personali, alcune piacciono altre un po’ meno com’è normale che sia. Ci sono giorni in cui vorrebbe tanto sbarazzarsi di quel piccolo/grande peso che porta con sé, ma non è possibile. Ci sono giorni in cui vorrebbe nascondersi da tutto e da tutti…

Sarà l’incontro con qualcuno di importante, sensibile e speciale come lui a restituirgli non solo l’allegria ma soprattutto la POSSIBILITA’ e la speranza, a permettergli di scoprire che se il pentolino non si può eliminare, si può trasformare da nemico in alleato, da limite in risorsa. Con l’aiuto e la collaborazione di tutti.

Pagine dell'albo: la "persona speciale" che Antonino ha conosciuto canta con lui "Fra Martino campanaro", giocando col pentolino sulla testa. "Fortunatamente esistono persone straordinarie. Basta incontrarne una".

Cosa si fa quando siamo chiamati a convivere con difficoltà quotidiane a volte pesanti e ineluttabili? Come si può stare accanto, specialmente ai bambini che si trovano in situazioni simili? Come favorire un’inclusione che sia realistica e rispettosa delle diversità e delle possibilità delle persone? E ancora: come raccontare tutto questo entrando in punta di piedi e valorizzandolo?

L‘ASCOLTO è un primo, fondamentale ingrediente. Ascolto delle reali esigenze di Antonino, che siano concrete (Ho bisogno di aiuto per fare qualcosa) o emotive, (Mi sento escluso/impaurito/in difficoltà…) i piani si intrecciano e sono ugualmente degni di essere accolti e sostenuti. Ascolto che comprende anche i vissuti, le necessità e i bisogni di chi ogni giorno è al fianco di Antonino: la sua famiglia, gli insegnanti, gli eventuali operatori…

E’ essenziale prendersi cura di chi si prende cura, per limitare stress, malessere diffuso, peggioramento della qualità di vita e per favorire un buon LAVORO DI SQUADRA. La rete di supporto è parte integrante del processo di aiuto. Le “persone straordinarie” che entrano in gioco possono essere tante:  i genitori, i fratelli, gli educatori (nella storia è proprio una maestra* che cambierà il corso degli eventi), i medici e tutto il personale socio-sanitario che ruota attorno a determinate situazioni, gli psicologi! Operare in sinergia con le proprie competenze verso un fine comune può ottimizzare i risultati e distribuire le fatiche che il percorso richiede.

Pagina dell'albo: Antonino e la maestra si abbracciano con affetto: "Grazie"!

Credo che questo albo possa essere una via di comunicazione immediata e semplice da utilizzare anche in contesti molto complessi. Il pentolino che Antonino porta con sé è metafora di qualsiasi condizione umana che in qualche modo “pesi” o sia di ostacolo e di intralcio alla persona che lo trascina: una disabilità fisica o psichica; un incidente o una perdita gravosa; un modo di essere e una condizione esistenziale che fanno sentire esclusi, ai margini

In questo senso, siamo tutti coinvolti: ognuno con il proprio pentolino da portare, da trasformare in strumento di distinzione personale che può fare davvero la differenza, in positivo!

[*Insieme all’albo è possibile acquistare anche un Manuale-quaderno pedagogico dedicato agli educatori: “Educazione, pentolini e resilienza. Pensieri e pratiche per co-educare nella prospettiva della resilienza a scuola”, M. Ius, P. Milani, Kite Edizioni]


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Il colore dei sentimenti

Che il sentimento dell’Amore (inteso in questo caso prevalentemente come Amore di coppia) sia nel senso comune rappresentato con il colore ROSSO è ormai un abbinamento quasi automatico. Sarà perché è considerata una tinta vivace che non passa certo inosservata, come certi amori travolgenti; sarà per la simbologia legata al cuore, sede metaforica delle emozioni più forti e decise; negli anni il rosso è diventato anche il colore della lotta al femminicidio, reato purtroppo ancora così diffuso a livello nazionale e mondiale… L’Amore in ogni caso è spesso rappresentato come un sentimento impetuoso, travolgente.

Nell’albo di cui parlo oggi invece, tutte queste caratteristiche si mescolano ad una delicatezza ed essenzialità uniche nel loro genere. Il testo ha la capacità di parlare d’Amore in punta di piedi, non sminuendone la portata, anzi se possibile aumentando il phatos.

“Rosso come l’amore”

(Valentina Mai – Kite Edizioni)

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Copertina: un simpatico uccellino tondo e rosso corre lungo un filo che divide l'albo a metà.

Poche e semplici parole, sostenute nel loro significato da illustrazioni altrettanto nitide, pulite e dirette, accompagnano il lettore, piccolo o grande che sia, nel labirinto del misterioso sentimento. A volte difficile da trovare, mutevole; a volte ingannevole e sfuggente, altre ammiccante e illusorio.

Dare una definizione dell’Amore non è la pretesa di questo testo. Piuttosto fra le sue pagine è possibile riconoscersi nel proprio, personale percorso di ricerca: si riflette, ci si interroga (per me l’Amore cos’è?), si sorride, si resta di stucco.

Compaiono temi di grossa portata ma tracciati con estrema delicatezza: in Amore ci si può ACCONTENTARE? Sappiamo di cosa o di chi andiamo in cerca e perché? Amiamo prima di tutto noi stessi?… Ogni pagina evoca una domanda, una riflessione, senza fornire risposte preconfezionate. Di questa curiosa e complessa esplorazione, appare piuttosto lampante almeno una cosa:

“Per trovare l’amore bisogna innanzi tutto cercarlo!”

Pagina dell'albo: l'uccellino in volo osserva un bersaglio del tiro con l'arco, al centro c'è una freccia piantata proprio in mezzo ad un cerchio rosso, che assomiglia a lui!

Sembra scontato, ma sottolinearlo ci ricorda che siamo sempre parte attiva delle nostre scelte e anche di ciò che ci capita. Può giocarci un pizzico di “fortuna” o casualità negli incontri della vita, ma noi possiamo cogliere quella casualità e condurla nella direzione che più ci rappresenta e ci appartiene. Se siamo aperti all’incontro, stiamo dando agli altri la disponibilità a lasciarci incontrare!

Come suggerisce il saggio uccellino, forse per arrivare a scoprirsi e sentirsi bene in due, è importante prendersi il tempo per fare prima una cosa…

“Improvvisamente ho capito che dovevo fermarmi… e cominciare a guardarmi dentro…”

Pagina dell'albo: due uccellini rossi sono posati uno accanto all'altro sul filo della luce, insieme!

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Per ogni vuoto c’è un pieno!

Il retro di copertina di questo intensissimo albo illustrato recita così:

La vita è piena di incontri. E anche di perdite.

Alcune insignificanti, come quando si perde una matita o un foglietto.

Ma alcune sono importanti, come la perdita di qualcosa a cui si tiene, della salute o di qualcuno che si ama.

Questa storia ci parla della nostra capacità di resistere, di superare le avversità, di trovare il senso della vita”.

“Il buco”

(A. Llenas – Ed. Gribaudo)

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Copertina: la bambina protagonista si presenta sorridente, con il suo grande buco bianco sulla pancia!

E’ proprio quello che accade alla protagonista, una bambina come tante che vive in una città come tante e conduce una vita comune, ma che all’improvviso scopre di avere un grosso buco nella pancia, che le provoca vari malesseri, per giunta crescenti, ai quali non riesce a trovare nessun rimedio! I suoi tentativi, seppur creativi, vanno a vuoto poiché mirano a “tappare” quel buco con qualcosa di esterno a se stessa, un palliativo, una toppa che all’inizio sembra dare sollievo ma non fa che nascondere…

E il buco rimane!

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Pagina dell'albo: la bambina non sorride più, sembra triste con i suoi vestiti invernali e sente che anche il vento freddo e gelido passa attraverso il suo grande buco nella pancia...

Quante volte ci capita di soffrire profondamente in relazione a qualcosa o a qualcuno, anche a noi stessi, e di cercare soluzioni a quel dolore che leniscono per un po’, ma non ci fanno trovare una nuova, duratura serenità. Il nostro corpo ci parla in tanti modi, i nostri pensieri possono diventare pesanti, confusi, intrusivi…

Ma proprio quando tutto sembra ormai definitivamente perduto, accade un piccolo/grande cambiamento di programma. Lo potremmo chiamare ASCOLTO DI SE STESSI, sintonizzazione con l’interno di noi, MUTAMENTO non tanto delle cose o delle situazioni che spesso non possiamo realmente cambiare, ma DEL SIGNIFICATO CHE NOI VI ATTRIBUIAMO, del senso che diamo a quel dolore, a quell’esperienza e a come poterla utilizzare. Nella storia della piccola protagonista è proprio lì che si annida la magia…

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Pagina dell'albo: la bambina appare nuovamente serena, dal suo buco nella pancia escono forme, colori, fuochi d'artificio. "Ed ecco che piano piano il buco divenne sempre più piccolo"

La RESILIENZA è la capacità di reagire costruttivamente e fare fronte alle avversità della vita, attinge alle nostre qualità personali, alla rete di sostegno che creiamo attorno a noi, alla capacità di ridisegnare il presente e il futuro nonostante il passato o meglio partendo da esso e riscrivendo nuove storie.

Il buco nella pancia (curioso… corrisponde proprio al nostro ombelico, fonte della vita e ponte simbolico tra il dentro e il fuori di noi) si trasforma quindi da origine di sofferenza a scrigno di creatività, ci connette e ci avvicina a tutti gli altri esseri viventi, ciascuno con il proprio buco, con i propri dolori e con la propria storia. Ci rende simili, diversi e protagonisti delle nostre scelte quotidiane. Può rappresentare un lutto, un passaggio di vita difficile, una perdita metaforica di parti di sé, una rinuncia, un fallimento, una violenza, un silenzio sofferto, una rottura lenta o improvvisa, un abbandono… qualsiasi tipo di crisi e cambiamento vissuto con dolore e che merita di essere medicato, curato, ascoltato, elaborato nel tempo.

Dal mio punto di vista questo albo profondo e delicato racconta un aspetto del lavoro che è possibile fare con l’affiancamento di uno psicologo: aiutare a scoprire e “dare senso” ai propri buchi nella pancia, per poterli utilizzare come veri e propri mondi magici!


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…Da che punto guardi il mondo tutto dipende…

…Recitava così una bella canzone di Jarabe De Palo, molti anni fa. Oggi presento un libro dinamico e originale proprio sul tema delle diverse prospettive che ciascuno di noi può avere sul mondo, su se stesso, sugli altri. A seconda dello sguardo che abbiamo, cambia ciò che osserviamo e come questo ci fa sentire. 

“Quelli di sopra e quelli di sotto”

(Paloma Valdivia – Ed. Kalakandra)

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Copertina: una riga orizzontale delinea i due mondi, quello di sopra e quello di sotto, con case, uccellini e una simpatica giraffa che allunga il collo dall'uno all'altro mondo.

L’albo si basa tutto sul cambiamento del punto di vista, che ruota di continuo. Ci sono due paesi con i rispettivi abitanti: quelli del mondo di sopra e quelli del mondo di sotto. Si sussegue una disamina di ciò che accade di qua e di là, come vivono gli uni e gli altri, l’alternarsi delle stagioni, i pensieri che gli abitanti stessi rivolgono a quelli dell’altro mondo… L’orientamento del libro permette letteralmente di giocare a scoprire, pagina dopo pagina, quanto gli abitanti del mondo di sopra si credano diametralmente opposti agli abitanti del mondo di sotto e viceversa… Ma sarà davvero così?! 

Quelli disopra e quelli di sotto

Pagina dell'albo: gli abitanti del mondo di sopra sono in tenuta estiva, quelli del mondo di sotto in tenuta autunnale. "Quando quelli di sopra portano il costume da bagno, quelli di sotto hanno l'ombrello".

Con simpatia e semplicità, gli spunti di riflessione che questo albo regala sono veramente notevoli: dove sta la diversità, su cosa si basa la conoscenza dell’altro, da dove nasce la paura che a volte si può provare pensando ad un mondo sconosciuto e (forse?) molto diverso dal nostro? Non a caso utilizzo la parole RIFLESSIONE: nel senso più classico di ragionamento, ma anche nell’accezione metaforica del RIFLETTERSI e SPECCHIARSI reciprocamente, ROVESCIARE le prospettive che diamo per scontate…

E’ un invito per tutti a fare qualche volta lo stesso esperimento in forma di gioco: guardare il panorama che ci circonda attraverso gli “occhi degli altri”, indossare le loro scarpe e percorrere la strada come farebbero loro. Cosa ci accomuna – Cosa ci differenzia dai nostri amici, parenti, insegnanti, genitori, figli…? Scoprirlo può aiutarci a comprenderci meglio? Cambia il modo in cui entriamo in relazione?

Se mettiamo alla prova ciò che crediamo di sapere sul mondo e sulle persone, se non diamo tutto per scontato, possiamo offrirci l’opportunità di stupirci, di aprire gli orizzonti e magari avvicinarci un po’ di più anche a ciò che ci spaventa, poiché lo riteniamo così lontano e diverso da noi anche se non sempre lo è…

guardare al contrario

Pagina dell'albo: gli abitanti dei due mondi, a testa in giù, suggeriscono "Ogni tanto puoi guardare al contrario!"

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Papà in dolce attesa!

La scorsa settimana ho suggerito un testo particolarmente indicato per le neo-mamme e le loro bambine. Oggi un libro altrettanto simpatico e toccante per valorizzare la figura del padre:

“Papà aspetta un bimbo”

(F. Loew, Barroux – Ed. Settenove)

papa-aspetta-un-bimbo

Copertina: un grande cuore bianco incornicia una mamma ed un papà in dolce attesa che si guardano amorevoli.

Fino a qualche decennio fa, il ruolo del futuro papà era considerato in modo piuttosto marginale durante i nove mesi di gestazione: come se il diventare padre sopraggiungesse all’improvviso al momento della nascita del figlio e l’uomo fosse escluso dal tempo prezioso della gravidanza, per il semplice fatto di non viverla direttamente sulla propria pelle. Inoltre il padre, una volta nato il/la bambino/a, si vedeva costretto spesso all’interno di ruoli specifici e ben definiti: colui che deve continuare a lavorare per provvedere alla famiglia; quello che gioca con i figli o colui che  detta le regole, l’“elemento separatore” nella relazione madre-bambino… Questi precetti sociali limitavano molto l’esperienza personale e di coppia in un momento di cambiamento così cruciale per l’evoluzione della famiglia. E potevano rendere più difficili anche i passaggi successivi: la creazione del legame papà-bambino, il mutamento del proprio ruolo di vita, il rapporto con la propria compagna…

Il ruolo del papà

Pagina del'albo: Mentre la mamma viene visitata dai dottori, il papà si sbraccia ed esclama parlando con suo figlio: "Alla tua mamma fanno domande, le toccano la pancia tonda. E io? Che sono il tuo papà? Nessuno mi prende in considerazione! "Ehi, anche io aspetto un bambino!" sono costretto a ripetere a tutti!"

Ad oggi il panorama è cambiato e i ruoli sono meno rigidi e più flessibili. Si restituisce valore e dignità ad entrambi i genitori fin da subito, poiché la gravidanza è vissuta con intensità e coinvolgimento da mamma e papà anche se in modi molto diversi: se nella donna avvengono mutamenti fisici e fisiologici evidenti, l’uomo partecipa a questa esperienza da osservatore esterno ma non estraneo o meno coinvolto nei cambiamenti della propria compagna e nella relazione e comunicazione con il figlio in arrivo. I sentimenti e le emozioni relative al proprio ruolo di genitore si modificano di pari passo, le aspettative sul futuro si moltiplicano e vengono condivise… Così come dopo la nascita entrambi prendono parte all’accudimento del/la bambino/a potendo suddividersi compiti e responsabilità attraverso scelte personali e familiari molto più elastiche e interscambiabili.

Pagina dell'albo: una maestra spiega a tre papà alcuni passaggi importanti dell'accudimento: "Alla scuola dei futuri papà, cambio i pannolini, do il biberon. E' fatta! Per me i bambini non hanno più segreti!"

Diventa ancora più importante per la coppia dialogare, comprendersi e comunicare sul piano emotivo ciò che sta vivendo. Sapere di poter contare l’uno sull’altro con le proprie caratteristiche, per scoprire insieme CHI E’ quel nuovo arrivo tanto simile quanto diverso da loro!

Questo testo aiuta i futuri padri a entrare in contatto con le sfumature della loro esperienza, a raccontare a se stessi e a tutti la grande avventura che stanno vivendo, a focalizzare alcuni passaggi cruciali della stessa, ad esprimere preoccupazioni, fantasie, desideri per poterli condividere con semplicità con la partner e con il bambino!


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Ogni volta è la prima volta…

Oggi l’esplorazione del mondo dei libri ed albi illustrati mi porta verso uno spunto che mi sta particolarmente a cuore:

“La prima volta che sono nata”

(V. Cuvellier, C. Dutertre – Ed. Sinnos) 

La prima volta che sono nata

Copertina del libro: raffigura una bambina ad occhi chiusi che vola serena insieme alla sua ombra a forma di uccello.

Albo illustrato assolutamente dedicato alle neomamme, in particolare di bambine (provvederò a segnalare testi equivalenti per i papà e per i figli maschi!). Diventare madre è un viaggio incredibile per ogni donna che desideri intraprenderlo, ogni coppia ed ogni bambino, che incrociano continuamente se stessi e le loro esistenze. Che sia la prima o la quarta gravidanza, l’esperienza e l’emozione non sarà mai del tutto identica alle precedenti… più probabilmente sarà una nuova prima volta!

Quante “prime volte” hanno segnato la nostra crescita: possiamo pensare che ogni istante della vita sia il primo che viviamo a quel modo. Cosa è accaduto lasciandosi andare alle nostre prime volte? Un fiume in piena di eventi ed esperienze, un susseguirsi di scelte che ci hanno portato fin qui! A volte più o meno consapevoli, a volte banali, a volte difficilissime da compiere, a volte scelte cruciali, a volte quotidiane… In ogni caso esperimenti di vita, con cui mettersi alla prova e crescere attraverso l’esperienza in prima persona, quello che facciamo tutti.

Il libro, con immagini curate e frasi essenziali o molto ricche, accompagna con ironia e semplicità il lettore nel viaggio di una bambina appena venuta al mondo, che racconta in prima persona alcune tappe cruciali della sua crescita: ricordi indelebili, istanti comici, incontri, paure… in cui è veramente facile riuscire ad identificarsi.

laprimavoltaapallone

Pagina dell'albo: "La prima volta che ho giocato a pallone ero da sola. Ho vinto". Raffigura la bambina protagonista che corre e gioca con se stessa in un campo da calcio.

Mano a mano che le fasi della vita della protagonista si susseguono, cambiano le sue sfide, il significato che lei attribuisce alle stesse e alle sue passioni e relazioni. Tra le righe si intravedono messaggi spesso di una certa portata anche per noi adulti. Pillole di filosofia in un linguaggio di bambino, così facili da cogliere e al contempo così profonde. Scorrendo le pagine e assaporando l’insieme, è facile collegarsi ai propri ricordi, andare a pescare flash dell’infanzia, dei giochi, delle avventure, delle sconfitte, dei traguardi… Come se stessimo sfogliando un personale album di fotografie e disegni di famiglia che ci riporta al nostro Sé bambino o bambina: giocoso, spontaneo, timido, irrequieto, qualunque esso sia stato. 

La-prima-volta-che-ho-camminato

Pagina dell'albo: "La prima volta che ho camminato, sono caduta. La prima volta che sono caduta, mi sono rialzata. La prima volta che mi sono rialzata, ho camminato.

La protagonista col trascorrere del tempo si fa grande, adulta… E approdiamo con lei ad un finale “a sorpresa” commuovente e intenso che non voglio svelare, testimonianza del continuo “accadere” della vita in un ciclo naturale mai uguale a se stesso! Questo albo può attraversare le generazioni. Mi fa pensare ad un simbolo che si tramanda di madre in figlia, come un gioiello di famiglia o l’antico corredo, qualcosa che crea e rinsalda i legami affettivi, riempiendoli di significati personali. L’impronta con cui il libro è stato pensato e scritto, come dicevo all’inizio, è fortemente femminile… Ma credo possa senza dubbio toccare nel profondo anche la controparte maschile (papà, fratelli, nonni…), se si lascia trasportare in quello che può essere un assaggio dell’universo femminile delle loro compagne/mamme/sorelle… con cui andare a braccetto.

Buona lettura!


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