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Con settembre una bella novità: collaborazione con INAIL PADOVA

Sono davvero felice di poter dare avvio ad una nuova e stimolante collaborazione e avventura professionale in un ambito di mio grande interesse come quello della presa in carico di persone con esperienze di disabilità. In questo caso, una disabilità acquisita e spesso traumatica per l’individuo e la sua famiglia, poiché incorsa a seguito di un infortunio sul lavoro.

Dal 1 settembre infatti è partita la convenzione con INAIL di Padova per fornire colloqui di supporto psicologico ai loro associati e assistiti nonché ai familiari, riproponendo ormai da anni un servizio aggiuntivo di grande rilievo per il benessere della persona a 360 gradi.

#STAYTUNED

23 marzo 2021: webinar “Essere fratelli nella disabilità” per genitori, educatori e insegnanti

Contenuti Formativi

Il legame fraterno è uno dei più significativi durante l’arco della vita. Ci sono casi in cui questo legame si caratterizza per la presenza in famiglia di un fratello o una sorella con disabilità di varia natura. Il ruolo degli altri figli, la relazione che si realizza tra loro e con i genitori e il mondo esterno (educatori, insegnanti…), possono diventare ancora più complessi e variegati e meritano un’attenzione particolare.

Cercheremo di esplorare tali esperienze uniche e personali dal punto di vista dei genitori e degli educatori esterni alla famiglia, per costruire insieme prospettive presenti e future e immaginare buone prassi che facilitino tutti coloro che, a vario titolo, sono immersi nell’esperienza e nel vissuto della disabilità.

  • Cosa significa essere fratelli nella disabilità? (Possibili implicazioni psicologiche, familiari, educative e sociali…)
  • Come essere facilitatori di pratiche inclusive?
  • SIB-LINKS: fare rete per sostenersi tutti

Incontro rivolto a

Genitori

Insegnanti

Educatori

Pedagogisti

Dettagli webinar

Data: 23 Marzo

Orario: 17.30 – 19.30

Costo: 20€

PER INFORMAZIONI E ISCRIZIONI CLICCA QUI

IL CIRCO DELLA FARFALLA

I “buoni ingredienti”… Quanto basta!

Quando ero bambina osservavo spesso mia mamma intenta a preparare con nonchalance uno dei tanti dolci che serviva poi come assi nella manica ad ogni occasione, anche quando una vera e propria occasione non c’era. Restavo sempre affascinata dalla sua maestria e abilità: sembrava una maga, quando brandiva le sue fruste incantate capaci di trasformare in neve qualsiasi albume! Era anche un po’ una chimica, alle prese con bilance, pesi e misure, solidi e liquidi da mescolare con cura. Faceva la cronista, poiché mi raccontava per filo e per segno i passaggi necessari per il procedimento svelandomi i trucchetti del mestiere; e contemporaneamente come un’attrice cantava, rideva… E mentre il dolce era in forno allestiva la cena, seguiva un TG, attaccava un bottone… Credo sia scaturito da lì il mio concetto di multitasking, o per dirla con più affetto, di “mamma tuttofare”, che si mantiene tutt’oggi! 

Ma tornando ai dolci, io prendevo appunti nel mio ricettario improvvisato (che negli anni ahimè non si è rivelato così produttivo!) e arrivava sempre il momento in cui dovevo confrontarmi con quello che al tempo mi sembrava un mistero, un limite difficile da comprendere: “Quanta farina serve?” chiedevo da piccola aiutante volenterosa. “Quanto basta!” rispondeva la maga, come fosse una formula magica, prendendo il mattarello! “Che significa quanto basta? Come faccio a saperlo? Quant’è QUANTO BASTA?” replicavo incredula. “Quanto basta lo senti al tatto nella consistenza, lo vedi al colore, lo percepisci dal profumo… Quanto basta dipende anche dagli ingredienti che usi… E lo impari facendo e rifacendo, provando e riprovando… Te lo insegna l’esperienza

Io questa esperienza non la trovavo mai scritta nei libri di cucina, faticavo davvero a rendermi conto di cosa volesse dire mia mamma e mi meravigliavo di come potesse azzeccarci ogni volta realizzando torte e biscotti buonissimi, pur andando “a tentoni” dal mio punto di vista, così poco attenta alla precisione. Il tempo mi ha aiutato a comprendere… 

 

E forse proprio oggi ho realizzato…

Al termine di una videochiamata Skype con una persona che sto seguendo in un percorso di studio per l’esame di abilitazione alla professione di psicologa, ci siamo soffermate a riflettere sui contenuti del suo apprendimento, sulle nuove strategie messe in atto, sui miglioramenti che percepiamo… ma non solo. Ad un tratto questa persona ha cominciato a condividere molto di più. Mi ha raccontato di quegli INGREDIENTI essenziali per lei nella nostra RELAZIONE che più di ogni libro, più di ogni tecnica di studio le sono serviti e le stanno servendo per intraprendere il cammino. La sua ricetta personale, frutto della sua storia di vita, riassumendo prevede più o meno questo:

  • L’importanza di non sentirsi giudicata. Nella nostra preparazione all’esame procediamo per tentativi, per prove ed errori, cercando sempre di comprendere cosa ha funzionato meglio e perchè e di riproporlo trovando varianti creative. Di fronte ad un errore, ad una incomprensione, non ci poniamo come fosse un fallimento, men che meno un fallimento di lei come persona! Ma cerchiamo di capire dov’è il blocco, che cosa ha portato a sbagliare o a fare fatica, come mettere a frutto questa scoperta. Questo atteggiamento, mi ha confidato, le ha permesso un po’ alla volta di affidarsi e di…   
  • Sentirsi accolta. Nella sua complessità, nelle fatiche e nelle risorse, nei momenti di entusiasmo e gioia come in quelli di sconforto e insicurezza. Ha scoperto che è essenziale per lei non sentirsi abbandonata o rifiutata. Sentire di andare bene così e percepire di avere accanto qualcuno che la guardi non solo come una “abilitanda” alle prese con casi clinici e progetti, ma come una donna a tutto tondo che si sta dando un’importante opportunità di riscatto e soddisfazione nella vita, sfruttando al meglio le sue caratteristiche e qualità. 

Ciò che la sta aiutando inoltre è il… 

  • Crederci insieme: “Anche quando non ci credo più io per prima, ci credi tu”, esclama! Sperimentare una fiducia condivisa nelle sue capacità, indipendente dal risultato finale ma costruita partendo da lei. 

E ultimo ma non ultimo dei regali che questa persona mi ha fatto con la sua “ricetta”…  

  • Sentire di avere “un suo posto” nella relazione con me. Un posto diverso da quello che ha nella relazione con chiunque altro: “Non sei per me un’amica, una parente, una docente… non sei nemmeno la mia terapeuta [il nostro rapporto di lavoro è formativo, in questo caso]. Sei una persona, una collega che ha DOSATO competenze teoriche e relazionali QUANTO BASTA; e spesso sono stati molto più importanti questi INGREDIENTI umani per sostenere il mio percorso”!         

…E ritorno in un attimo ai dolci di mia mamma, a quegli sbuffi di farina che mi sembravano buttati lì in maniera casuale ma che casuale non era affatto. Lei aveva (ed ha) una RELAZIONE stretta con ciò che crea, con tutti gli ingredienti riuniti in consesso per un unico fine: un dolce spettacolare! Ci sono senza dubbio indicazioni importanti da seguire scritte nei libri di cucina, procedure da conoscere, tempi da rispettare, strumenti da saper maneggiare. E c’è ANCHE, non meno importante, la famosa ESPERIENZA, quell’imparare facendo che aiuta un po’ alla volta a sintonizzarsi con se stessi e con gli altri e infonde “quel pizzico di sale” (iodato o emotivo!) che può fare la differenza. 

Tutto ciò dal mio punto di vista è la linfa del lavoro che cerco di portare avanti con le persone, formativo e di supporto psicologico:

non può mancare la preparazione professionale, è la base solida della relazione, è la RICETTA.

Ma non può mancare nemmeno quella conoscenza intima di se stessi e delle proprie “migliori qualità” (come le definiva un mio maestro) da mettere in campo nel senso più umano, da dosare con attenzione se/come/quando necessario per un buon andamento del lavoro.

QUANTO BASTA per non esserne del tutto carenti e per non eccedere pericolosamente. Accettando quel grado di incertezza insito in ogni relazione, che rende tutto più flessibile e creativo.    

Se dal lato culinario la mia carriera non è proseguita degnamente, nel mio percorso professionale la strada fatta fin qui è stata interessante e ne ho ancora moltissima da fare. Mi auguro di continuare a scoprire insieme a colleghi, collaboratori e pazienti ricette nuove, ingredienti e dosi personali e professionali, miei e degli altri, con cui raccontarsi e sperimentarsi.

Nel frattempo, vi faccio anche io un regalo: la ricetta delle

CIAMBELLINE AL VINO

 uno dei più semplici e buoni “misteri culinari” della mia infanzia!

Questi sono gli ingredienti calcolati e quantificati su richiesta della sottoscritta! 

300 grammi (circa!) di farina 00

100 grammi (più o meno!) di zucchero / olio di semi / vino bianco

100 grammi (suppergiù!) di fecola di patate

Mezza bustina di lievito

1 pizzico di sale

PROCEDURA:

Mescolare rapidamente con una forchetta in una terrina olio, zucchero, vino, lievito, 1 pizzico di sale. 

Aggiungere poi gradualmente la farina e la fecola setacciate, fino a raggiungere un composto di media morbidezza (…ecco che interviene l’ingrediente esperienza!).

Adagiarlo su un piano di lavoro e impastare velocemente, utilizzando altra farina se serve per evitare che si attacchi alle mani e alla tavola. Al raggiungimento della “giusta consistenza” (…) dividere il composto in grossi blocchi di pasta e lavorarla per ottenere delle strisce lunghe e tozze. 

Ogni striscia deve essere poi tagliata a pezzetti, chiusi a formare tante ciambelline da intingere nello zucchero su un lato solo e infornare per 30 minuti circa, a 180° di temperatura, disponendo la teglia sulla parte media del forno. 

Un biscotto della tradizione legato ad affetti e insegnamenti!

Buon appetito!

DURANTE E DOPO DI NOI: dalla legge alla clinica-Diretta Facebook

Questa foto (in cui siamo particolarmente concentrate!😉) è stata scattata più di un anno fa, in occasione del convegno che ci ha visto insieme per parlare di disabilità, dopo di noi, psicologia, diritto, collaborazioni…

Incontriamoci di nuovo online, in occasione della diretta del prossimo giovedì 18 giugno sulla pagina Giulia Franco: fratelli e sorelle di persone disabili, con l’avvocato Rossana Miotto.
Le famiglie con un’esperienza di disabilità sono state tra le più provate dalla recente emergenza COVID-19.

Crediamo che soffermarci sul presente per agevolare il futuro sia una delle risorse più utili per tutti su cui confrontarci.
#disabilità #dopodinoi #diritto #psicologia #presente #futuro

Emergenza: cosa è davvero importante?

Mi è sempre piaciuto perdermi tra le parole: spesso per ritrovarmi, a volte per lasciarmi coccolare, per fantasticare mondi nuovi, per immaginare possibilità, per abbandonarmi, per scoprire… Certamente, soprattutto da quando lavoro come psicologa, anche per curare. Il noto oncologo Umberto Veronesi affermava:

“Bisogna tornare alla Medicina della persona.

Per curare qualcuno dobbiamo sapere chi è,

che cosa pensa, che progetti ha, per che cosa gioisce e soffre.

Dobbiamo far parlare il paziente della sua vita, non dei suoi disturbi”.

Dall’antichità ai giorni nostri i grandi maestri, filosofi, educatori, psicologi, letterati… hanno suggerito che la parola non è una natura morta, statica, fissa e immutabile. La parola è viva e creativa, rappresenta la “materializzazione” del nostro pensiero e delle nostre emozioni. Il linguaggio è come un forziere carico di significati personali, una bacchetta magica con cui costruire la propria realtà e condividerla, scambiarsela comunicando con gli altri.

Una parola può fare la differenza: può plasmare, può distruggere, può confondere, può allontanare, può unire, può… cambiare e far cambiare. Quindi, concediamoci di giocare un po’.

Emergenza

Una tra le parole ricorrenti e di grande rilievo di questo periodo. L’abbiamo vissuta e la stiamo vivendo tutti nelle nostre differenze. Non è la prima né sarà l’ultima ma ci coinvolge enormemente, più di altre emergenze passate o in corso, forse perché sentiamo che ci tocca in prima persona. La parola resta la stessa, ma se la guardiamo bene cambia in base a cosa si accompagna, come fosse un essere che muta la sua forma a seconda delle stagioni.

  • Emergenza sanitaria
  • Emergenza psicologica
  • Emergenza lavorativo-economica
  • Emergenza sociale
  • Emergenza scolastica…

Sono contemporanee e scombussolano le nostre vite su più fronti, anche se per ciascuno in modo diverso.

Viaggiando un po’ oltre i significati intrinseci di “urgenza” e “pericolo” che le attribuiamo, cosa racchiude metaforicamente questa parola? Sbirciamo sul vocabolario: alla voce “emergere” c’è il concetto di un’azione che si compie. Venire fuori da qualcosa, rendersi visibile, apparire chiaramente, distinguersi, imporsi all’attenzione…

Quando attraversiamo un’emergenza, è come se facessimo un incontro improvviso con qualcosa che forse prima non c’era o noi non sapevamo esistesse o ancora non volevamo vedere; qualcosa che si era nascosto tra le tante altre cose della vita… ma che adesso non è più possibile ignorare perché è diventato evidente. Qualcosa che riguarda noi, gli altri, il mondo e il modo in cui viviamo, le scelte che facciamo.

Mi è piaciuta molto un’immagine raccontata dalla Professoressa Daniela Lucangeli* per descrivere questo nostro presente. Facciamo finta che la nostra vita sia un mare: quando è calmo tutto sembra al suo posto, quando si scatena la tempesta tutto si rimescola… E quando la tempesta si placa, prima di tornare calmo, il mare restituisce, fa emergere ciò che è stato smosso e che noi stessi ci avevamo riposto. Alghe, conchiglie, spazzatura, sabbia e sassi, tante specie di pesci colorati, relitti antichi…

Può essere rappresentativo di ciò che ci sta accadendo e con cui ci stiamo confrontando. Rimanendo nelle immagini della metafora, possiamo chiederci: “Com’è il mio mare, cosa ci ho messo? Io chi sono: un vascello che resiste a tutto, una barca che veleggia con calma, una zattera di sopravvivenza, un messaggio in bottiglia, uno scoglio su cui infrangersi, una boa di salvataggio, un pesce in esplorazione, un’onda… Questa emergenza cosa sta portando fuori? Dopo la piena, nella risacca della spiaggia, cosa si è perso, cosa rimane, cosa è comparso di nuovo? Tutto questo come mi fa sentire?”

Sono alcuni spunti di riflessione, non scontati e che può essere utile e interessante affrontare con qualcuno. Il supporto psicologico in questi casi è un buon alleato per affrontare interrogativi, dubbi, senso di perdita dell’orientamento e desiderio di ridare un senso e una direzione alla propria rotta. Ritrovare la bussola.

“Essere in emergenza” può assumere allora anche il significato di capire cosa è davvero IMPORTANTE e RILEVANTE per noi, prenderlo in considerazione diversamente da prima, cogliere l’opportunità di cambiare, porre attenzione al mare della nostra vita per solcarlo come più ci piace.

Poiché la disperazione era un eccesso che non gli apparteneva,

si chinò su quanto era rimasto della sua vita,

e riiniziò a prendersene cura,

con l’incrollabile tenacia di un giardiniere al lavoro,

il mattino dopo il temporale.

Seta – Alessandro Baricco

Piccoli spunti di lettura

Gianni Rodari: “La grammatica della fantasia”

Gianrico Carofiglio: “La manomissione delle parole”

Ella Frances Sanders: “Lost in Translation”

*Professoressa Daniela Lucangeli, Pro-rettrice e Professore Ordinario in Psicologia dell’Educazione e dello Sviluppo dell’Università di Padova, attualmente componente del Comitato di Esperti Ministeriali per la ripresa della scuola.


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#AccaddeInQuell’età – Incontri letterari, secondo appuntamento

23 maggio, secondo appuntamento della rubrica!

Un po’ alla volta, in questo nostro strano presente, in questa così detta “Fase 2”, molte cose continuano a cambiare e dobbiamo essere flessibili ed agili per adattarci… Lo spunto letterario di oggi è un invito a cavalcare l’onda del momento! Un surfista che si trova di fronte un muro d’acqua, forse se lo chiede: “Che faccio, mi ci butto o lo schivo? E’ l’onda buona o meglio aspettarne un’altra?”. E nel frattempo il mare scorre… Non è semplice andare nel profondo, ma quante cose si possono scoprire?

Leggere è incuriosirsi, aprire il cuore e la mente e il corpo a storie nuove, cercare qualcosa di importante per noi stessi, appassionarsi, condividere! Leggere in solitudine è una coccola; leggere in compagnia, in coppia e con i propri bimbi, è come un gioco, un’avventura, una mappa per scoprire un tesoro! La famiglia stessa è una storia incredibile che cambia di continuo, un romanzo da scrivere e da leggere insieme!

Buon ascolto!

https://www.facebook.com/GiuliaTortorelliPsicoterapeutaPadovaVigodarzere/videos/753501582057014/

#accaddeinquelletà #incontriletterari #ilmaggiodeilibri #seleggoscopro #lettura #lettori #amantideilibri #letteratura #scoperta #cultura #storie #narrazione #creazione #creatività #riflessione #condivisione #famiglie #domande #essereinsieme #mondidiversi #viagginteriori #viaggiare #fantasia #leceneridiangela #frankmccourt #adelphi

#AccaddeInQuell’età – Incontri letterari, primo appuntamento

Oggi, 23 aprile 2020, comincio un nuovo #viaggio. In realtà il “primo passo” l’ho mosso da tempo per arrivare a questo appuntamento con voi. Vi faccio un invito, proprio qui all’interno del video che seguirà, che mi auguro possa essere un piacevole inizio, un #incontro, uno #scambio reciproco nel tempo.
Sono emozionata: curiosa, trepidante, titubante, felice… Lì dove si intrecciano diverse passioni e competenze trovo quella sorgente viva che fa #crescere! Buona #scoperta!

Vuole essere una rubrica dedicata alla #letteratura, alla #poesia e alla #psicologia.
Un incontro mensile con le storie di grandi autori e soprattutto con noi stessi, ugualmente autori delle nostre #storie personali!
Un piccolo appuntamento per provare ad attingere alle nostre passioni e trasformarle in creazioni.

#ioleggoacasa #ilmaggiodeilibri #23aprile #giornatamondialedellibro #seleggoscopro 

https://www.facebook.com/PadovaVigodarzere/videos/808960526180079/

Di sogni, esperienze e raccolti fruttuosi: dialogo tra me professionista e persona

Stiamo tutti vivendo giorni, settimane che si trasformano in mesi decisamente fuori dalla famosa comfort zone: la personale “area comoda della vita” di cui noi psicologi parliamo spesso ai nostri clienti, considerando insieme la possibilità di guardare oltre, esplorare le aspettative e poi uscire per sperimentare gradualmente cosa c’è e cosa può accadere fuori. Oggi il panorama sembra capovolto. L’invito è quello a restare dentro ma non è così ovvio che quel “dentro”, salvifico da un lato, sia rassicurante e comodo per tutti.

Dentro alle proprie abitazioni nel migliore dei casi, dentro aree di isolamento preventivo, dentro agli ospedali, dentro alle case di cura, dentro alle zone rosse… Poi ci sono “dentro” metaforici ma con enormi ricadute pratiche: ad esempio stare dentro alle regole, apparentemente più stringenti del solito o forse semplicemente diverse ma che ci mettono a volte in grande difficoltà e discussione. E poi ci sono “dentro” più intimi: entrare dentro alle nostre paure, ai silenzi, alle incertezze, al nostro dolore, alla nostra fragilità, alla noia… Ma anche ritrovare passioni accantonate da tempo per mancanza di tempo, legami da ricostruire, progetti presenti e futuri da afferrare, assecondare la voglia di prendere una pausa da tutto…

Il contenitore siamo noi, il contenuto quindi è infinitamente soggettivo.

Questo lockdown, questo confinamento forzato oggi sta diventando un’esperienza condivisa, uno stop alla vita che conducevamo fino a poco fa e che se pur diversa, prima o poi riprenderà in maniera vagamente simile per la maggioranza della popolazione. Fatto salvo le tragedie umane che a causa del virus si stanno consumando e i cui effetti sociali ed economici si vedranno globalmente tra un po’ di tempo.

Ci auspichiamo di poter trarre più di un valido insegnamento per il futuro e ognuno di noi, come cittadino e come professionista, volge il faro ad illuminare ciò che più gli sta a cuore, l’area professionale di cui si occupa con le problematiche che si sollevano, ciò che vibra nelle sue corde e che lo orienterà creativamente per dare supporto e stare accanto con competenza a chi si rivolgerà a lui.

Illustrazione del fumettista Massimo Cavezzali

Ecco quindi che questa mattina ancor prima di svegliarmi, in quel dormiveglia strano in cui Morfeo dispensa gli ultimi regali prima del giorno, ho avuto una piccola ma potente epifania! Mi è apparso un numero, non da giocare al Lotto (che tra l’altro se ho ben capito è stato sospeso)! Il numero di un anno significativo della mia vita, non troppo tempo fa, in cui un evento personale ha richiesto una lunga difficile e dolorosa pausa dalle attività consuete così come le conoscevo. Una pausa a tempo indeterminato, nel senso che all’inizio non era possibile intravederne i confini; ci sono stati momenti in cui ho creduto che non si sarebbe più trattato di una pausa ma si sarebbe trasformata nella mia nuova condizione di vita. Mi veniva richiesto di fare i conti con l’evidenza di un importante cambiamento.

Esiste una fetta significativa di popolazione che sperimenta sensazioni simili tutti i giorni e da moltissimo tempo e vive oggi una duplice condizione: essere pericolosamente esposta al rischio di contagio (poiché più vulnerabile) e essere al contempo maggiormente “abituata” alla richiesta di quarantena che viene imposta, perché ahimè per loro non è un’eccezione ma quella condizione di vita che io stessa ho temuto. Sto pensando alle persone con una disabilità (sia essa cognitiva, motoria, sensoriale, congenita o acquisita), con una malattia cronica e/o degenerativa, con una patologia psichiatrica, che vivono per lo più in casa o nei centri di accoglienza, con a fianco i caregivers familiari e tutti gli operatori che sostengono i loro percorsi ri-abilitativi. Per loro spesso non esiste il vincolo di tempo di tre o quattro settimane per riprendere a immaginare una graduale normalità. Ogni singolo giorno è e sarà un traguardo: contemporaneamente speranza e sofferenza, scoperta e abbattimento, gioia nelle piccole cose e rammarico nei grandi rimpianti. A volte non hanno una cura farmacologica a loro immediata disposizione ma sono nel bel mezzo del viaggio di fiduciosa ricerca; ecco perché diventa ancor più essenziale e “curativa” la presenza, lo stare accanto, il supporto e l’intervento professionale che possiamo offrire loro, familiari compresi non dimentichiamolo.

Mi è apparso, dicevo, quell’anno stagliato sullo sfondo dei miei sogni e una voce in lontananza commentava: ciò che sul momento è sembrato un tracollo, si è rivelato poi un grande banco di prova! L’esperienza vissuta allora di restrizione delle libertà abituali, di dipendenza dall’aiuto degli altri, di assoluta incertezza sul futuro mi ricordano molto ciò che adesso è patrimonio di tutti; e questo livellamento mi accorgo che in realtà mi infonde fiducia. Fiducia nel fatto che forse potremo comprenderci di più; potremo immedesimarci ancora meglio nelle vite degli altri; potremo sentire, ad esempio, che una battaglia per conquistare determinati diritti non appartiene esclusivamente ad una categoria di persone poiché ciò che riguarda te riguarda in qualche misura anche me, se siamo connessi.

Da quella dura prova che ha rischiato di schiacciarmi, sono sbocciati percorsi alternativi molto fruttuosi: ho scelto con maggior decisione di occuparmi dell’universo disabilità, facendolo “da fuori e da dentro”, immergendomi cioè in prima persona anche negli aspetti più scomodi e dolorosi delle storie di vita. Mi sono conosciuta di più, ho tentato di prendere le distanze da tutto ciò che mi terrorizzava per poi necessariamente aver bisogno di riavvicinarmi a me stessa, caleidoscopio fatto dell’una e dell’altra forma. Personalmente sono stata molto fortunata: quell’esperienza critica è oggi un ricordo ma il senso che ha avuto per me resta senza tempo e indelebile. Ecco perché nutro fiducia nella capacità di adattamento creativo intrinseca nell’essere umano, nella possibilità di rinascere anche dalle ceneri più ardenti.

Noi psicologi e psicoterapeuti siamo oggi più che mai fortemente chiamati a crederlo, invitati a rivedere la nostra professione a servizio degli altri senza svilirla, svenderla o improvvisarla. Noi con le nostre ferite personali, con cui è bene fare i conti* non per cicatrizzarle con la forza ma per usarle assieme alle teorie, alle tecniche, alle competenze, agli aggiornamenti, per avvicinarci ancora di più alla comprensione dell’esperienza dell’altro, riconoscendo di poter “essere con”, senza sovrapporsi.

Forse è anche questa una delle sfide dell’esperienza pandemia, che assomiglia moltissimo alla sfida quotidiana di tutte le persone che soffrono per le più svariate condizioni accennate in precedenza:

scoprire di poter stare con noi stessi

accettando sia ciò che siamo

sia lo stupore di ciò che diventeremo.

[*In merito a questo c’è un bellissimo libro che mi sento di consigliare: Il guaritore ferito, di H. Nouwen]

La relazione fraterna nella disabilità: dialoghi con i genitori.

Essere fratelli è una problema?

Avere un fratello/sorella con disabilità non è di per sé un problema, ma può costituire una condizione di “fragilità” che richiede attenzioni e cure particolari. La specificità della relazione fra i siblings (termine anglosassone con cui si identificano i fratelli e sorelle di persone con disabilità), pone in primo piano l’importanza di preservare il rapporto di fratellanza in quanto tale come esperienza di vita unica ed insostituibile nel percorso di vita della persona.

Cosa centrano i genitori?

Gli interventi e le proposte specifiche rivolte direttamente ai fratelli sono molto utili per sostenere i ragazzi nel loro percorso di crescita, senza dimenticarci dell’importanza che ricopre il ruolo dei genitori in questo processo. Con questo ciclo di incontri vogliamo iniziare a lavorare con loro. E’ nella famiglia che troviamo, infatti, le risorse fondamentali per preparare un terreno fertile di prevenzione e cura, le condizioni necessarie per consentire ai fratelli di contattare, condividere ed elaborare le proprie emozioni.

Una poesia di Gibran recita:

Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive,

i vostri figli sono lanciati in avanti.”

Il poeta descrive uno dei compiti più ardui e coraggiosi di un genitore: far sì che i figli realizzino se stessi anche, a volte, in modi molto diversi da come una mamma o un papà avrebbero immaginato. Stare accanto lasciando libertà, essere presenti immaginando il futuro. Rifletteremo su come favorire lo sviluppo di un rapporto di reciprocità tra fratelli nel rispetto della diversità, unicità e indipendenza di ciascuno.

DOVE – Centro Dadi, via Chioggia 2, Padova

QUANDO – Sabato 25 gennaio, 15 febbraio, 7 marzo 2020 dalle 16.00 alle 18.30

COSA FAREMO – Proponiamo un percorso attivo e partecipativo in cui:

  • acquisire delle nozioni sul tema della relazione fraterna nell’esperienza della disabilità
  • condividere liberamente riflessioni e vissuti sul proprio ruolo di genitori, per mettersi in gioco in maniera creativa
  • potenziare e valorizzare le proprie risorse personali e acquisire nuove competenze comunicative ed emotive

Vi aspettiamo per trascorrere insieme 3 pomeriggi formativi su un tema così complesso e di cui è importantissimo riuscire a parlare, per condividere le esperienze, uscire dal bozzolo e fare rete!

FRATELLI INVISIBILI: un nuovo appuntamento per parlare di siblings!

Quando un tema è caro per l’importanza che ricopre nelle nostre vite; quando la professionalità permette di esplorarlo con coraggio; quando si incontrano collaboratori con cui condividere proficuamente il percorso… nascono davvero delle belle opportunità!
Dopo il convegno che si è tenuto a Padova lo scorso 25 Maggio, ecco una nuova occasione di grande interesse sul tema disabilità che si svolgerà questa volta ad Arezzo:
FRATELLI INVISIBILI: la relazione fraterna nella disabilità
Un incontro aperto a tutti sull’argomento, in particolare con uno sguardo rivolto verso i siblings: fratelli e sorelle di persone con disabilità. Saremo presenti io e la collega Dott.ssa Giulia Franco, invitate dall’Associazione Autismo Arezzo per trattare questo tema che fa parte delle nostre vite e della nostra formazione.
L’appuntamento è per sabato 12 ottobre dalle 9:30 alle 12:30 presso la sala Piazza Grande dell’Hotel Continentale di Arezzo, ingresso libero ma gradita la prenotazione per i posti limitati:
autismo.arezzo@gmail.com
Allego la locandina scaricabile in fondo all’articolo e se si visita la mia pagina FB:
è possibile visionare il link all’evento.
Vi aspettiamo per vivere insieme una mattinata intensa che vedrà alternarsi momenti formativi, testimonianze e accompagnamento musicale!