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I “buoni ingredienti”… Quanto basta!

Quando ero bambina osservavo spesso mia mamma intenta a preparare con nonchalance uno dei tanti dolci che serviva poi come assi nella manica ad ogni occasione, anche quando una vera e propria occasione non c’era. Restavo sempre affascinata dalla sua maestria e abilità: sembrava una maga, quando brandiva le sue fruste incantate capaci di trasformare in neve qualsiasi albume! Era anche un po’ una chimica, alle prese con bilance, pesi e misure, solidi e liquidi da mescolare con cura. Faceva la cronista, poiché mi raccontava per filo e per segno i passaggi necessari per il procedimento svelandomi i trucchetti del mestiere; e contemporaneamente come un’attrice cantava, rideva… E mentre il dolce era in forno allestiva la cena, seguiva un TG, attaccava un bottone… Credo sia scaturito da lì il mio concetto di multitasking, o per dirla con più affetto, di “mamma tuttofare”, che si mantiene tutt’oggi! 

Ma tornando ai dolci, io prendevo appunti nel mio ricettario improvvisato (che negli anni ahimè non si è rivelato così produttivo!) e arrivava sempre il momento in cui dovevo confrontarmi con quello che al tempo mi sembrava un mistero, un limite difficile da comprendere: “Quanta farina serve?” chiedevo da piccola aiutante volenterosa. “Quanto basta!” rispondeva la maga, come fosse una formula magica, prendendo il mattarello! “Che significa quanto basta? Come faccio a saperlo? Quant’è QUANTO BASTA?” replicavo incredula. “Quanto basta lo senti al tatto nella consistenza, lo vedi al colore, lo percepisci dal profumo… Quanto basta dipende anche dagli ingredienti che usi… E lo impari facendo e rifacendo, provando e riprovando… Te lo insegna l’esperienza

Io questa esperienza non la trovavo mai scritta nei libri di cucina, faticavo davvero a rendermi conto di cosa volesse dire mia mamma e mi meravigliavo di come potesse azzeccarci ogni volta realizzando torte e biscotti buonissimi, pur andando “a tentoni” dal mio punto di vista, così poco attenta alla precisione. Il tempo mi ha aiutato a comprendere… 

 

E forse proprio oggi ho realizzato…

Al termine di una videochiamata Skype con una persona che sto seguendo in un percorso di studio per l’esame di abilitazione alla professione di psicologa, ci siamo soffermate a riflettere sui contenuti del suo apprendimento, sulle nuove strategie messe in atto, sui miglioramenti che percepiamo… ma non solo. Ad un tratto questa persona ha cominciato a condividere molto di più. Mi ha raccontato di quegli INGREDIENTI essenziali per lei nella nostra RELAZIONE che più di ogni libro, più di ogni tecnica di studio le sono serviti e le stanno servendo per intraprendere il cammino. La sua ricetta personale, frutto della sua storia di vita, riassumendo prevede più o meno questo:

  • L’importanza di non sentirsi giudicata. Nella nostra preparazione all’esame procediamo per tentativi, per prove ed errori, cercando sempre di comprendere cosa ha funzionato meglio e perchè e di riproporlo trovando varianti creative. Di fronte ad un errore, ad una incomprensione, non ci poniamo come fosse un fallimento, men che meno un fallimento di lei come persona! Ma cerchiamo di capire dov’è il blocco, che cosa ha portato a sbagliare o a fare fatica, come mettere a frutto questa scoperta. Questo atteggiamento, mi ha confidato, le ha permesso un po’ alla volta di affidarsi e di…   
  • Sentirsi accolta. Nella sua complessità, nelle fatiche e nelle risorse, nei momenti di entusiasmo e gioia come in quelli di sconforto e insicurezza. Ha scoperto che è essenziale per lei non sentirsi abbandonata o rifiutata. Sentire di andare bene così e percepire di avere accanto qualcuno che la guardi non solo come una “abilitanda” alle prese con casi clinici e progetti, ma come una donna a tutto tondo che si sta dando un’importante opportunità di riscatto e soddisfazione nella vita, sfruttando al meglio le sue caratteristiche e qualità. 

Ciò che la sta aiutando inoltre è il… 

  • Crederci insieme: “Anche quando non ci credo più io per prima, ci credi tu”, esclama! Sperimentare una fiducia condivisa nelle sue capacità, indipendente dal risultato finale ma costruita partendo da lei. 

E ultimo ma non ultimo dei regali che questa persona mi ha fatto con la sua “ricetta”…  

  • Sentire di avere “un suo posto” nella relazione con me. Un posto diverso da quello che ha nella relazione con chiunque altro: “Non sei per me un’amica, una parente, una docente… non sei nemmeno la mia terapeuta [il nostro rapporto di lavoro è formativo, in questo caso]. Sei una persona, una collega che ha DOSATO competenze teoriche e relazionali QUANTO BASTA; e spesso sono stati molto più importanti questi INGREDIENTI umani per sostenere il mio percorso”!         

…E ritorno in un attimo ai dolci di mia mamma, a quegli sbuffi di farina che mi sembravano buttati lì in maniera casuale ma che casuale non era affatto. Lei aveva (ed ha) una RELAZIONE stretta con ciò che crea, con tutti gli ingredienti riuniti in consesso per un unico fine: un dolce spettacolare! Ci sono senza dubbio indicazioni importanti da seguire scritte nei libri di cucina, procedure da conoscere, tempi da rispettare, strumenti da saper maneggiare. E c’è ANCHE, non meno importante, la famosa ESPERIENZA, quell’imparare facendo che aiuta un po’ alla volta a sintonizzarsi con se stessi e con gli altri e infonde “quel pizzico di sale” (iodato o emotivo!) che può fare la differenza. 

Tutto ciò dal mio punto di vista è la linfa del lavoro che cerco di portare avanti con le persone, formativo e di supporto psicologico:

non può mancare la preparazione professionale, è la base solida della relazione, è la RICETTA.

Ma non può mancare nemmeno quella conoscenza intima di se stessi e delle proprie “migliori qualità” (come le definiva un mio maestro) da mettere in campo nel senso più umano, da dosare con attenzione se/come/quando necessario per un buon andamento del lavoro.

QUANTO BASTA per non esserne del tutto carenti e per non eccedere pericolosamente. Accettando quel grado di incertezza insito in ogni relazione, che rende tutto più flessibile e creativo.    

Se dal lato culinario la mia carriera non è proseguita degnamente, nel mio percorso professionale la strada fatta fin qui è stata interessante e ne ho ancora moltissima da fare. Mi auguro di continuare a scoprire insieme a colleghi, collaboratori e pazienti ricette nuove, ingredienti e dosi personali e professionali, miei e degli altri, con cui raccontarsi e sperimentarsi.

Nel frattempo, vi faccio anche io un regalo: la ricetta delle

CIAMBELLINE AL VINO

 uno dei più semplici e buoni “misteri culinari” della mia infanzia!

Questi sono gli ingredienti calcolati e quantificati su richiesta della sottoscritta! 

300 grammi (circa!) di farina 00

100 grammi (più o meno!) di zucchero / olio di semi / vino bianco

100 grammi (suppergiù!) di fecola di patate

Mezza bustina di lievito

1 pizzico di sale

PROCEDURA:

Mescolare rapidamente con una forchetta in una terrina olio, zucchero, vino, lievito, 1 pizzico di sale. 

Aggiungere poi gradualmente la farina e la fecola setacciate, fino a raggiungere un composto di media morbidezza (…ecco che interviene l’ingrediente esperienza!).

Adagiarlo su un piano di lavoro e impastare velocemente, utilizzando altra farina se serve per evitare che si attacchi alle mani e alla tavola. Al raggiungimento della “giusta consistenza” (…) dividere il composto in grossi blocchi di pasta e lavorarla per ottenere delle strisce lunghe e tozze. 

Ogni striscia deve essere poi tagliata a pezzetti, chiusi a formare tante ciambelline da intingere nello zucchero su un lato solo e infornare per 30 minuti circa, a 180° di temperatura, disponendo la teglia sulla parte media del forno. 

Un biscotto della tradizione legato ad affetti e insegnamenti!

Buon appetito!

“L’Onda”: un albo illustrato di emozioni silenziose!

“L’onda”

(Suzy Lee – Ed. Corraini)

Copertina: La bambina protagonista è sulla riva del mare, di spalle, osserva le onde azzurre e spumeggianti in compagnia dei gabbiani.

…Ci sono cose in un silenzio
che non m’aspettavo mai…

Così recita un verso di una bella canzone degli anni ’60. Sembra fatta apposta per descrivere questo splendido e suggestivo albo illustrato: più illustrato che mai, poiché a farla da padrone indiscusse sono solo le immagini e il celeste del mare. Ringrazio la persona che me lo ha regalato, lo cercavo da tempo. Ogni stimolo che accogliamo, parole o figure che siano, risuona dentro di noi in maniera soggettiva: è lo spunto di partenza dentro cui proiettiamo e specchiamo noi stessi, in questo caso proprio sulla superficie dell’acqua. Perciò quella che segue è la mia personale interpretazione, la storia che questo libro mi racconta e mi permette di raccontare…

Il mare, da sempre simbolo di vastità esteriore ed interiore, di profondità, di bellezza e paura dell’ignoto di cui si va alla scoperta o da cui si fugge. Il mare come metafora delle esperienze della Vita, imprevedibili e potenti, di fronte alle quali scegliamo ogni volta come comportarci, come reagire. Il mare come simbolo del Viaggio, dell’avventura dell’esploratore che non fugge il richiamo delle sirene, la curiosità, il rischio che quella partenza comporta… Tutto questo ce lo narra con naturalezza e spontaneità una piccola bambina, alle prese con una giornata in spiaggia.

Pagine dell'albo: la bimba osserva il mare ritrosa, guardinga, e sembrano avere lo stesso atteggiamento gli amici gabbiano dietro di lei.

All’inizio sembra titubante e osserva l’acqua da lontano, non sapendo bene cosa aspettarsi. Poi si fa coraggio e comincia ad interagire col mare: lo “minaccia” per gioco, lo osserva incuriosita nel suo incessante su e giù lungo la battigia… Sembra quasi di sentirlo scrosciare tra le pagine! Un po’ alla volta intesse con lui una vera e propria relazione, fatta di scherzi, di azzardi reciproci… di stupore e si, anche di spavento per l’inattesa grande onda che all’improvviso la rincorre minacciosa!

Pagina dell'albo: la bambina corre per mettersi in salvo da un cavallone impetuoso che sta per travolgerla.

La bimba sembra quasi averla fatta franca, sembra averla scampata e impertinente rivolge una linguaccia al mare, ma subito dopo, quando meno se lo aspetta, ne viene inesorabilmente travolta! Resta a terra, bagnata, stordita, confusa, forse anche un po’ delusa, forse titubante su come fare a rialzarsi. Un po’ come accade quando ci succedono cose più “grandi” del solito, che ci travolgono e sul momento ci spiazzano, ci tramortiscono.

Pagina dell'albo: la bambina è a terra, sconquassata dalla potenza dell'acqua e tutta bagnata, mentre l'onda si ritira. 

Ma… osservando bene, l’Onda ha lasciato dietro di sé anche dei regali, delle impronte tangibili, belle e indelebili del suo passaggio: la bambina, col ritrarsi dell’acqua, scopre attorno a sé un mosaico di splendide conchiglie multiformi che il mare le ha portato! E si accorge che il suo vestito, prima bianco come tutto il resto del paesaggio, adesso è tinto di celeste, è color del mare.

Pagina dell'albo: la bambina, col suo "nuovo" vestito celeste, sorride portando in grembo la raccolta di conchiglie, mentre un gabbiano soddisfatto le si posa sulla testa.

Possiamo pensare che le Onde, simboliche e non, che attraversano le nostre vite, le esperienze gradi e travolgenti che ci toccano spesso con fatica e incertezza sul futuro, lascino anche a noi dei doni inattesi, se riusciamo a vederli: ci regalano conchiglie (opportunità, strumenti nuovi, cambiamenti, cose che prima non c’erano e che potevano emergere solo grazie ad una piccola/grande rivoluzione nella sabbia) e impronte di colore (l’esperienza vissuta e fatta propria, incarnata, assimilata) grazie alle quali possiamo rialzarci con nuove energie, nuovi mezzi, nuovi pensieri per affrontare ciò che verrà.

Pagina dell'albo: la bambina gioca festosa tra le onde, immersa nell'acqua, spruzzando i gabbiani!

Come scrivevo a inizio articolo, questa è la “mia Onda”, del tutto soggettiva… in fondo quale storia non lo è?! E voi che Onda intravedete, su cui cavalcare o da osservare o da schivare o da cui farsi travolgere?!


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